Una goccia lo colpisce. Un rapido brivido di freddo si insinua con vigore tra le scapole, finendo con lo scontrarsi con il colletto della maglia. Il giovane pensatore era intento a ripetere mentalmente le pagine di italiano lette frettolosamente nel primo pomeriggio. Correre serve anche a quello, a ripassare ciò che hai studiato, o che perlomeno hai “tentato di studiare”. Di solito al nostro ragazzo la corsa serve a pensare; un veloce e incalzante alternarsi di piedi scandisce il suo pensiero e i suoi respiri sempre più dolcemente affannosi lo spingono ad una meta sempre più vicina. In realtà una meta non c’è, il ragazzo continuerà finché la voglia non lo abbandonerà, o più probabilmente finché le gambe non cederanno.
Ma la gelida goccia frena la sua anestesia, e cambia il corso impetuoso del suo pensare. L’estate è finita. Sì, il ragazzo lo sapeva già che non era più il tempo del mare e del divertimento, ma era stato un passaggio così graduale e scontato che non lo aveva condotto pienamente nella mentalità autunnale. Invece dopo quell’intervento acquoso inizia a guardarsi intorno, scoprendo che velocemente migliaia di altre innocenti goccioline colpiscono ticchettanti ogni particolare del paesaggio, come per ricordare ad ogni albero, ad ogni granello di asfalto, ad ogni stelo d’erba che il momento è giunto. Come se bussassero frettolosamente ad ogni porta esclamando: è giunta l’ora! E’ giunta l’ora del placido autunno.
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