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23 ottobre 2010

Foglio bianco. Lettere nere.

Foglio bianco. Lettere nere. Freddo, vuoto e sterile, un’insignificante frammento di albero prende vita. Ho sentito qualcuno lamentarsi della deforestazione, di questi impavidi combattenti del regno vegetale, che uno ad uno, cadono al suolo, recisi alla base della loro esistenza da umani senza scrupoli. Si, capisco perfettamente il problema ambientale, ma come essere d’accordo con “Ogni albero che cade, è un vita che finisce”? Una vita che finisce? Una vita che comincia! Un tronco, anonimo e ruvido pezzo di legno, diventa per la prima volta unico. Magari l’albero aspettava da sempre quel momento, lui era li per questo, per creare dalla sua essenza candidi fogli cartacei. Sì, anonimi  pure questi! Rispettabilissimi rettangoli bianchi impilati sotto ad una copertina colorata. Immaginatevi un attimo soltanto quanto si pavoneggi quella stizzosa copertina! Eh si, lei è la prima e l’ultima di tutto il quaderno, che protegge e identifica tutti i fogli al suo interno. Senza di lei ogni quaderno sarebbe uguale all’altro, non si potrebbero distinguere! 
Che crudele mancanza sarebbe per noi poveri studenti, intenti ogni sera, con gesti svogliati e malinconici, a riporre strumenti di tortura all’interno di una sacca della Napapijri. Gesto malvagio, malvagissimo! Costruire da soli ciò che nel giorno seguente sarà il tuo peggior nemico! Un giorno inventerò un robot-imbastitore-di-zaini così risolvo il problema. E’ un po’ come Gesù al Calvario che si portava faticosamente sulle spalle indolenzite, lo strumento che lo avrebbe condotto alla morte, ma Egli, come sempre, è stato molto più furbo di noi e alla fine si è fatto trasportare la croce da un altro al posto suo.
Ma ritorniamo alla nostra supergasata copertina, che troviamo tutta impettita a dar le spalle agli altri fogli senza identità, sempre attenta a far sì che un’orecchia nell’angolo non sciupi il suo manto liscio. La penna si avvicina. La copertina fa la preziosa, sa di essere la migliore, sa che l’onore di essere decorata spetterà a lei. Invece quel lucente globo azzurrino posto al termine di una freccia metallica sorretta da tre dita grassocce, scarta improvvisamente di lato dirigendosi verso il tavolino, mentre l’altra mano dello scrittore, che era rimasta in silenzioso agguato, afferra rudemente la copertina e la alza mentre, stupita ma impotente, cerca di attirare l’attenzione in qualche inutile maniera, poco prima di ritrovarsi con il naso contro al tavolino, cosciente che la graziosa penna sta accarezzando, anzi graffiando delicatamente uno di quegli stupidi fogli bianchi. Ma il foglio bianco è umile, non è decorato da scritte cubitali come lo è invece l’antipatica copertina. Lui sapeva fin dall’inizio che sarebbe stato il prescelto, e non si è mai offeso di fronte alle sciocche cattiverie della sua compagna colorata, sapeva fin dall’inizio che sarebbe toccato a lui il gratificante compito di essere reso dalla penna unico al mondo, non come la copertina, che ha tante altre copie sparse per i negozi, tutte altrettanto snob e permalose come quella appena conosciuta da noi. No, il nostro foglio sarà davvero unico, non se ne troverà uno in tutto il mondo esattamente identico a lui. L’inchiostro bluastro dell’inesperto scrittore lo ha lanciato a grandi balzi verso ciò per cui era stato fatto, verso il suo destino ultimo. 
E questo, l’albero ormai caduto, lo sapeva da sempre.

Ma io ho degnamente risolto questa epica problematica ambientale alla radice: scrivo col PC.

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