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18 gennaio 2011

Spietato

Il tempo corre. O meglio il tempo scorre. Sono gli uomini che corrono. I minuti si alternano gelidi e pesanti sempre col medesimo ritmo; eppure noi, mai paghi, ci affrettiamo ad inseguire ogni flebile ticchettio di orologio che scivola inesorabilmente nel vuoto abisso del nulla.

 Gli uomini corrono, ma non cambiano. La mia mano instabile si posa vacillando su ogni persona come per tentare un ultimo affondo alla vita, un ultimo folle tentativo di rimanere aggrappato a qualcuno. Gli uomini corrono, ma non cambiano.  A volte sento di aver trovato la persona giusta per me, mi ripeto convinto che tutto cambierà, che ora si incomincerà qualcosa di nuovo. Una ragazza, un amico , una compagna mai calcolata in precedenza ma che in quel giorno mi svela un sorriso spalancato al mondo in cui è riflesso tutto ciò che desidero in un rapporto. Allora mi gioco tutto. In un breve istante la partita inizia, la posta aumenta così come la paura di perdere ogni cosa. Nell’ombra di quel sorriso inizio a conoscerla, a cercare i punti di unione nei nostri caratteri per sentirmela vicina. Gli uomini corrono, ma non cambiano. Anche io rimango qui: fermo, immobile, stazionario eppure diverso.
 Forse il problema è questo, forse il problema sono io; vado avanti di giorno in giorno forzandomi di comparare ogni uomo che mi si pone davanti con me stesso: cerco qualcuno che in cuore abbia ciò che ho io. In ogni amicizia, tuttavia, non posso fare a meno di notare come nessuno sia come me.
 Spesso si ripete che in cuore abbiamo tutti la stessa domanda, la stessa amorevolmente dolorosa esigenza di felicità. Eppure io non vedo questo negli altri. Andando a fondo in un rapporto, le persone appaiono fondamentalmente immature, o prepotentemente sicure della loro maturità.  

I primi si ritrovano a vivere sulle nuvole, attaccati a mielosi ideali, investendo su parole usate da altri e non interessandosi a ciò che conta in maniera ultima. Favoleggiano di problemi insignificanti, tornando col sorriso a sognare il loro mondo fatuo e rosato, senza temere il giorno in cui si troveranno a singhiozzare in ginocchio su un cumulo si vetri infranti.

Arrivano dunque i maturi, dissipando giudizi, avvalendosi di cicatrici inventate e esperienze rubate. Uomini vuoti, l’insoddisfazione è signora in essi. Ma lo sanno anche loro: nell’ultimo frammento rosso di un cuore nero pulsa la consapevolezza di un errore di fondo, di una fallace certezza di cui vanno fieri. Tutto questo rimorso nei confronti della vita li spinge così ad alternarsi in azioni meschine e taglienti sotterfugi, orditi per invidia più che per una speranza da riscattare.

Vi è, tuttavia, chi non è rapito da questi schemi e, libero da ogni illusione o pregiudizio, tenta ancora di avanzare per la propria strada, per non soccombere poi a nessuno dei due strapiombi. L’attrazione, però, è forte, e la discesa veloce e apparentemente indolore.

Guardo il display del telefonino in attesa di un tuo messaggio, alzo gli occhi verso di te in cerca del tuo sguardo. Tu eri come me, ti avevo trovata. Il tuo cuore è rosso, batte con decisione e coraggio. I tuoi occhi brillano e cercano la verità. Il tuo pensiero è fresco, libero, e non si lascia deviare. Eppure scivoli via. Le persone non cambiano e tu non cambi. Gli uomini corrono e tu, senza accorgertene, scivoli lontana da me, attratta da chi, tristemente, afferma di conoscere la vita, di poter crescere insieme a te, trascinando via, così, la mia ultima speranza.

Io rimango qui: fermo, immobile, stazionario eppure diverso. Non posso più permettermi di affidare a qualcuno il mio cuore. Quando un’amicizia finisce, io stesso mi sento estirpato e sbattuto chissà dove. Ormai rimane poco di rosso del mio cuore. Non nero, non sporco e malvagio, ma bianco, vuoto e spietato. Spietato. Senza pietà. Senza commozione, sentimento o paura. Non cattiveria: solo assenza di amore. E’ inutile tentare qualcosa di nuovo,cercare qualcuno che possa nuovamente afferrarmi l’animo per poi gettarlo via dopo mille illusioni. Io riparto da me, me soltanto. Spietato.

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