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22 novembre 2010

Parole semplici gettate a caso, sullo schermo bianco di un Nokia 6300

Tutto è iniziato da un sms di una mia amica: "Come va?". E da un libro, geniale frutto della filosofia Dostoevskijana. Il resto è tutto un rincorrersi di parole, momenti vuoti, esitazioni e persone. Così una movimentata sera d'estate può diventare una riflessione più o meno sensata su quello che accade. Parole semplici e gettate a caso sullo schermo bianco di un Nokia 6300.

A. Come va?


F. Un giorno ci siamo, l'altro giorno non ci siamo più... La vita scorre e di noi resta meno che un ricordo, un melanconico ricordo di qualche amico sonnolento che ormai è più vicino a noi di quanto lo possa essere ai nuovi della vita, quelli che vedono questo frale passaggio umano come una sterminata avventura e, frementi, rimandano tutto al domani. Ma attenzione: del doman non v'è certezza! 
Scusami per queste mie patetiche frasi, gettate  ancora più pateticamente insieme da un povero pensatore, un pensatore romantico però! Non uno stolto disperato, ma bensì un sognatore, pieno di speranze! Sissignori! Speranze magari infantili, magari lievi e tremule come fiabe raccontate ad un bambino, che con gli occhi spalancati assorbe nel sua fresca innocenza guerre fantastiche e fuochi fatui. Ecco! Proprio così è il mio sognatore: vedi, non è colpa sua ma è così. E a lui, intendiamoci, va bene prendere la vita in questo dolce modo, non bisogna compatirlo! Insomma queste mie patetiche frasi ti assicuro che avrebbero una forma bellissima se solo avessi potuto leggertela, se solo avessi potuto imprimerci un tenue soffio dell'entusiasmo che mi possiede un questo attimo di brillantezza. Così perdonami se questi liberi pensieri di una triste mente vagante ti hanno annoiato o ti hanno turbato nella tua tranquilla realtà, ma la vita mi ha preso e non ho potuto contenerla!

15 novembre 2010

Sere bianche

Questo stralcio l'ho ripescato nei meandri del pc, quindi magari è un po' diverso dagli altri dal punto di vista stilistico. Comunque gli ho dato una breve revisione ;)

Ci sono certe sere in cui sei triste per una giornata andata male, ci sono certe in cui sei triste per un amore non corrisposto, e poi ci sono certe sere in cui sei triste e basta. E incolpi il mondo perché ti ha abbandonato, perché in questo momento non ti sta dando abbastanza, o perlomeno non ti sta dando ciò di cui senti davvero il bisogno. E il bello è che naturalmente non sai nemmeno di cosa hai davvero bisogno, rimanendo all'erta in attesa di uno sfuggevole senso di completezza. 

Così il giovane sognatore vaga ancor non pago di riandare i sempiterni calle, come la luna leopardiana. Cammina, osserva, cercando febbrilmente un appiglio qua e là, una rapida illusione di certezza a cui aggrapparsi per rimanere al sicuro almeno per un istante in mezzo a questo mare di infidi dubbi. 
Egli apre gli occhi ritrovandosi come al solito disteso sul letto a fissare il soffitto bianco, un bianco che contiene tutti i colori. Non bianco come quelle gelide maschere carnevalizie che, senza alcuna espressione, senza un briciolo di vita, nascondono pretenziosamente il viso ad un ragazzo. Non quel bianco che circonda l'iride degli occhi; un bianco meschino e futile che sembra voler contenere ed imprigionare una bellezza illimitata e sfavillante del nostro occhio, generando ancora più spavento che quello della maschera: un bianco che non si accontenta di coprire la vita, ma, assai più malvagiamente, la lascia intravedere all'interno di sé, sovrastandola e contenendola senza alcuna pietà o restrizione. Tu sai che la bellezza c'è, ma essa non può uscire, non può gridare al mondo la sua grandiosa presenza, rinchiusa com'è tra quel bianco ubriacato di crudele insensatezza. 
Il pensatore si trova di fronte un soffitto bianco come la neve, bianco come il piccolo, lucido riflesso che timidamente si affaccia dalla parte più interna del nostro occhio quando si fissa qualcosa di meraviglioso e straordinario, qualcosa che risveglia nel nostro animo quella bellezza assopita in mezzo al bianco-crudele, una bellezza che, magari, anche soltanto per la durata di un battito di ciglia, riesce ad abbracciare l'intero universo attraverso quel fantastico sfavillio che ha trasportato il pensatore nel suo attento viaggio. 
Quella sera può essere colmata solamente da quel riflesso bianco. Il ragazzo sorride quando comprende il mistero: quello straordinario luccichio nell'iride è un colore tutto nuovo, che raccoglie amorevolmente tutti gli altri, e allo stesso tempo non ne raccoglie nessuno. Quel colore è ciò di cui è fatta la meraviglia. Quel colore è ciò di cui sono fatte le stelle.

10 novembre 2010

Momento di lei

Luci, clacson, rumore, gente che va e gente che viene. Musica per le mie orecchie. Spengo il motorino per godere la frenesia di tutto quel movimento, rimanendo fermo sulla soglia della notte inebriante. Fermo, impassibile e sull’attenti, in rispettoso riguardo dell’impenetrabile intrico di guizzi di vita che esplode nella frizzante aria del crepuscolo. 
Momento di sogni, momento di giochi, momento di fuochi fatui e infide illusioni. Momento di lei. Impetuosa come il fuoco, ma silenziosa come il più leggero dei venti che nonostante la sua incorporeità travolge in un affanno senza limite ogni particella di ciò che sfiora. Ogni sguardo, ogni respiro è catturato da quel magico spettro di luci che in lei trova il massimo splendore. Misteriosa come la notte, ma semplice come la luce: lei, con un fresco sorriso, accoglie e accompagna con fragile dolcezza ad uno ad uno questi fremiti di cuore che sembrano dedicarle ognuna delle limpide stelle che tinteggiano un poco alla volta il manto nero della notte. 
La sua presenza mi strugge di un dolore che amo, il suo fuoco mi consuma di una fiamma che desidero, il suo tocco mi annienta di una ferita che bramo. 
Una lacrima di sangue sgorga in profondità dal mio cuore in estasi. Il piacere mi assale, il desiderio cresce, persino l'amore riconosce però che non si può possedere una tale grandezza. La fermezza del mio sguardo cede a contatto con il suo, passo dopo passo sono costretto ad abbassare la visiera smerigliata di goccioline come a proteggere i miei occhi quasi indegni di così tanta luce. 
Le porgo il casco senza proferire parole, lei scherza indossandolo e cerca il mio sorriso schernitore. Un sorriso forzato dalle mie guance che non scalfisce minimamente il suo splendore, ma si rivolta bensì al suo perso fattore. 
Lei sale sul motorino, dietro di me, con quella semplicità che caratterizza visceralmente ogni suo gesto più importante. Sento due mani poggiarsi debolmente ai miei fianchi, mentre un tremolio mi risale gelido per tutta la schiena. 
Vorrei che le sue dita mi stringessero con forza fino a lacerarmi l'anima, già perdutamente straziata in milioni di stralci differenti, accomunati tutti dall'amore per lei. 
Respiro con forza, mettendo in moto il cinquantino. Sento invadermi di nuovo dalla frenesia della città, un movimento agitato di cui io non riesco a far parte. Ogni fanale, ogni motore si muove verso qualcosa, nell'attesa di una vivida speranza di felicità. 
Il mio muovermi non può possedere nulla di questa ricerca. La mia felicità l'ho alle spalle, mi sfiora appena. Ma non è raggiungibile nemmeno con il più epico dei viaggi.

8 novembre 2010

Incavo di una zucca ormai appassita

Quanti petali ha un fiore? Ogni fiore è un universo a sé, distinto con tenue imperiosità da qualsiasi altro della stessa specie. 
Eleonora meditava tra sé passeggiando verso casa. L’aria fremeva di pavida tensione, pur presente in ogni più insignificante particolare del paesaggio. Il terreno tutt’intorno si chinava lievemente per formare dolci specchi d’acqua che increspavano con leggerezza il colore monotono del cemento intorno alla strada.
Il tragitto era sempre lo stesso che la ragazza aveva compiuto costantemente ogni giorno, ma per la prima volta l’intera atmosfera risentiva gravemente della caducità autunnale come se fino ad allora le foglie cadute fossero state un semplice tintinnare di coriandoli variopinti che rendevano quasi più allegre le giornate. 
Quel martedì, pomeriggio inoltrato, di allegro c’era ben poco.

Un guizzo arancione le colse lo sguardo spingendola a fronteggiare la casa che aveva sulla sinistra. Una zucca, ormai accasciata su se stessa, adornava pesantemente l’angolo dei gradini. 
Eleonora si era sempre chiesta perché la festa dei santi e quella dei defunti erano così vicine fra loro, quasi a simboleggiare un collegamento sottile tra persone che sembrano non far più parte del mondo come lo intendiamo noi. 
La vita in terra, finendo, pare aver trascinato con sé nelle tenebre perenni ogni briciolo di ricordo di bene che defunti e santi hanno portato nelle nostre esistenze. È rimasta di loro solo una festa per bambini, che tristemente svanisce anch’essa all’interno dell’incavo di una zucca ormai appassita. Un vuoto ancor più denso e spaventoso delle luci dei ceri dei defunti che un giorno dopo l’altro si spengono alle finestre delle case di chi ancora crede, o finge di credere, nella memoria di un suo caro.

Gioite bambini: anche quest’anno è arrivato Halloween.


5 novembre 2010

Tema per casa: "Testo argomentativo: penna nera o penna blu?"

Già nel VII secolo, per opera del filosofo Anassimandro, era stata descritta l’epica lotta tra gli opposti: tra il bene e il male, il giorno e la notte, e naturalmente il bianco e il nero. Perché allora ostinarsi a riempire cocciutamente intere pagine di quaderno di quegli scarabocchi azzurrini che quasi sbiadiscono a contatto con la candida carta? Anche la natura ce lo insegna: tutti sanno di certo che le seppie secernono un inchiostro nerastro! Dunque chi siamo noi, giovani studenti, per opporci a questo basilare principio, acquistando penne blu? Vogliamo forse dichiarare guerra al Creatore?
No, signori, su questioni di così grande importanza non si può rimanere in silenzio, occorre bensì mettere nero su bianco! Ecco, anche i proverbi dimostrano solennemente la perfezione di una dignitosissima penna nera.
Non voglio nemmeno pensare a coloro che di certo obietteranno con altri detti del tipo: “E’ difficile vedere un gatto nero in una stanza buia”, quest’asserzione si confuta già da sola: la stanza non è affatto buia! Qui si tratta della scrittura su un foglio bianco, dunque non vi è niente di meglio che un inchiostro del colore opposto.
Sorge dunque legittima l’obiezione: “La professoressa corregge in rosso, perciò il blu si distingue meglio!”. Certo, su ciò siamo tutti d’accordo, ma chissà quanta sofferenza per i nostri poveri occhi essere costretti a sopportare ogni giorno il violento bisticciare tra due inchiostri così accesi e diversi.
Il rosso e il nero, invece, vanno perfettamente a braccetto: il colore della passione, dell’amore rischierebbe drammaticamente di deconcentrare l’alunno distratto se non fosse per il pacato ma risoluto intervento del nero.
Vogliamo chiedere un parere ad illustri letterati quali Manzoni o Leopardi? Vi sfido a trovare l’immagine di un loro manoscritto stilato in inchiostro blu: la motivazione forse è che non l’avevano ancora inventato, ma non mi risulta di certo che questa “gravissima lacuna” abbia loro impedito di deliziarci con elaborati componimenti di altissimo livello.
Dunque mentre invece la lotta tra contrari quali il nero e il bianco rimarrà per sempre aperta e combattuta, quest’oggi possiamo decretare la vittoria dello scontro tra altri due contendenti, che come abbiamo visto è già dimostrata in partenza. Qualcuno ne potrà rimanere deluso, ma sull’oggettività della questione c’è poco da obiettare, ce lo grida anche il rugby: i nostri Azzurri sono sempre sconfitti dagli All Blacks.

3 novembre 2010

Ama e fa' ciò che vuoi

Sia che tu taccia, taci per amore;

sia che tu parli, parla per amore;

sia che tu corregga, correggi per amore;

sia che perdoni, perdona per amore;

sia in te la radice dell’amore, poiché da questa radice non può procedere se non il bene.

Sant'Agostino

1 novembre 2010

Stralci di Luce

E’ incredibile come l’umore possa cambiare a seconda delle condizioni meteorologiche. E’ come se il cielo volesse decidere il nostro modo di vedere la giornata. Anzi è più come se noi vedessimo la giornata attraverso il cielo. Ogni riflesso, ogni ombra appare in maniera diversa e anche una cena con gli amici può diventare un funereo ritrovo.
 E poi tu inizi a diventare scontroso, triste e temporalesco. Il peggio sono le nuvole, quando ancora non piove. Tutto è fermo ad attendere qualcosa di spiacevole, non si sa se accadrà o no, ma l’attesa snervante rimane. 
E il giovane pensatore lo sa che sia col sole che senza la giornata scorre più o meno ugualmente, ma quello spazio di mondo che intravede dalla finestra è come filtrato da questa possente tensione di attesa che irrigidisce tutta l’atmosfera. A volte capita che non cominci a piovere, e il ragazzo distrattamente sorride immerso nei compiti mentre qualche stralcio di luce inizia timidamente a farsi strada. Ma la nuvola persiste! Magari poi scomparirà magicamente durante la notte, ma lì per lì rimane a far pendere sopra il giardino quel senso di non so cosa che ti lascia l’amaro in bocca come se mancasse qualcosa che non sai ben definire.
 Altri giorni invece le nuvole si anneriscono e allora la tensione si fa sempre più forte e densa fino ad esplodere in miliardi di pezzi, miliardi di goccioline iridescenti. La testa ti dice che adesso è il momento di massima tristezza, è il momento di unirsi allo scoraggiato pianto del cielo per offrirgli solidarietà e conforto. Ma il cuore spinge ostinatamente nella direzione opposta; tutta la tristezza accumulata nella tensione precedente al temporale, sembra ora svanire, come lavata via da quella forte pioggia. E il giovane pensatore rimane confuso, non sapendo bene come reagire di fronte a questa esplosione acquosa che scuote ogni particella dell’universo. Del suo universo. Quello che può scorgere dalla sua camera, quell’universo che, nonostante i limiti lignei della finestra pare ad ogni modo infinito e sovrumano. Il tempo va, l’ansia aumenta e come il cielo, alla fine esplode. Ma solo immerso in questa triste angoscia il ragazzo riesce a ritrovare quella spinta profonda che lo obbliga ad alzare gli occhi. Il sole, imponente, ha riaffermato il suo potere e ripreso il suo posto al centro della distesa azzurrina, incoronato da un lussuoso arco iridescente. Solo qualche nuvola temeraria osa farsi vedere in lontananza, per il resto niente sfida quella tanto agognata serenità. 
C’è chi dice che solo chi va a fondo può riemergere, soltanto chi cade può rialzarsi. Non sono del tutto d’accordo, non devi sempre arrivare al peggio per poi poter tornare alla felicità. Ma spesso quando hai sperimentato la vera tristezza, riesci poi a godere pienamente della letizia; più il temporale è buio e forte e ventoso, più il sole tornando a splendere sarà lucente e vigoroso e caldo. Può capitare che al centro della tempesta si possa dimenticare la luce della felicità e che questa appaia disperatamente irraggiungibile; in quel momento tenete a mente queste parole: il sole si riaffaccia oltre ogni tempesta della vita. Sempre.