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7 marzo 2011

A che serve un contatto quando non c’è nulla per cui vale la pena rischiare?

Persa. Sei uscita dalla mia vita con la stessa rapidità con cui sei entrata. Andata. Fuggita. Sparita. Il tuo sorriso ha cessato di rischiarare l’inizio di un giorno nuovo. Le tue parole hanno smesso di accompagnarmi in una triste sera. Eri l’ultimo appiglio che mi era rimasto, l’ultima speranza di un lieto domani, l’ultimo briciolo di voglia di restare aggrappato a questa vita, pur soffrendo. Tutto il resto scivolava via senza colpirmi finché tu eri con me a lenire il dolore, accarezzando ogni graffio col calore della tua pelle. Ora sento le ferite di mesi piombare sul mio corpo esanime e scavare a fondo in un terreno sterile e decadente.

Maschero il mio corpo, ma i miei occhi non possono tradire il vuoto in cui la tua assenza mi ha spinto all’improvviso. Sto precipitando di minuto in minuto in un nero senza forma e senza sapore dove la luce, scomparsa, vive in null’altro che l’immagine di un ricordo. Una flebile fantasia rimane assopita nel mio cuore, dilaniata allo stremo, sempre più disarmata e fragile. Presto non rimarrà niente.

Con te ho perduto la capacità di amare qualcuno. L’odio, freddo e potente, rimane il mio solo compagno e cresce nell’ombra corrodendo ogni rapporto che potrebbe rimanere. So che presto anche quest’ultimo sentimento cadrà, quando niente potrà più interessarmi tanto da essere odiato, quando il nuovo mattino non sarà altro che uno spento riflesso del passato. L’assenza di amore non è l’odio: è solo il termine di ogni contatto con la realtà. Ma a che serve un contatto quando non c’è nulla per cui vale la pena rischiare? E quando tu, vessillo sottratto di una salvezza irraggiungibile, non ci sei più?

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